La Badia di Santa Maria si trova a Pattano, una delle frazioni di Vallo della Lucania. Questo complesso, un ex monastero (o cenobio) greco-bizantino, comprende la Chiesa di Santa Maria e la Chiesa di San Filadelfo.
Spesso sconosciuto agli stessi cilentani, questa struttura è molto importante. Scopriamo insieme di cosa si tratta e qual è il suo grande valore storico-artistico.
È ignota la nascita di questa struttura. Di sicuro essa è presente in un documento del 993 d.C. ma già allora era ricca di possedimenti terrieri. Ciò induce gli studiosi a datarla tra il VII e il X secolo.
Il periodo di maggiore floridità del convento è tra l’XI e il XIV secolo. Probabilmente i monaci riuscirono a intrattenere buoni rapporti con tutte le dominazioni che si susseguirono nel corso dei decenni.
Tuttavia nel ‘400 il monastero si avvia al declino e il 1459 il papa Paolo II ne decide la soppressione.
Negli anni e nei secoli successivi la struttura passa nelle mani di vari privati. Negli anni ’80 del ‘900, dopo svariate vicissitudini, il complesso è stato ristrutturato. Nel 1998 è stata fondata l’Associazione Badia di Pattano per promuovere iniziative culturali volte a valorizzare la struttura e a farla conoscere.
Di sicuro al giorno d’oggi è uno dei monasteri greco-bizantino meglio conservati nel Sud Italia.
Prima di inoltrarci nel complesso e scoprire le meraviglie che racchiude al suo interno è bene ribadire che si compone di tre strutture. Si tratta della Chiesa di Santa Maria, del Campanile e della Chiesa di San Filadelfo.
La struttura sorge sull’area di un insediamento romano della prima età imperiale ed è immersa nella natura: ulivi e agrumi la fanno da padrone. Una passeggiata in questo complesso è piacevole, dunque, non solo per il suo valore storico-artistico, ma anche per immergersi nel verde.
Della chiesa di Santa Maria restano solo le mura perimetrali e l’arco trionfale che separa la navata dall’abside.
L’unica navata è lunga 23.50 metri e in fondo ad essa si eleva un arco trionfale attraversato il quale si giunge nell’abside esagonale. Le decorazione parietali superstiti sono pochissime. Sulla parete laterale sinistra, però, vi sono piccoli brani di affreschi medievali che risalgono al X secolo.
Il campanile della badia, a pianta quadrata, è stato eretto fra il X e il XI secolo.
Nonostante sommari restauri, la struttura presenta le sue originarie linee architettoniche e ornamentali bizantine.
La cuspide piramidale in cemento sistemata sulla torre è frutto di un intervento del XX secolo per consolidare il campanile colpito da un fulmine.
La chiesetta di San Filadelfo, che sorge sull’estremo margine occidentale del complesso badiale, risale all’incirca alla seconda metà del X secolo. Alla morte di San Filadelfo o poco dopo, si ritenne opportuno realizzare un luogo in cui esercitare il suo culto. Per questo sorse la chiesetta che ne ospitava il corpo, affrescata con scene della sua vita e con all’interno una statua da mettere in questo ambiente sacro.
Si ritiene, infatti, che il Santo è stato fondatore o uno dei primi egumeni (abate) della struttura.
Recentemente i lavori di restauro hanno portato alla luce, nel sottosuolo della chiesa, i resti di una villa rustica di epoca imperiale romana. Nello specifico sono “visibili” gli ambienti utilizzati a scopo termale: praefurnium, calidarium e una saletta absidata.
Gli affreschi presenti nella chiesa sono una preziosa testimonianza della pittura bizantina in Italia. Gli episodi che raffigurano la vita di San Filadelfo, però, sono andati perduti a causa di un tentativo di demolizione della struttura nel 1976.
La statua lignea del santo, invece, è conservata nel Museo Diocesano di Vallo della Lucania.
La statua del Santo è di produzione artistica ottomana. Secondo la studiosa Marina Falla Castelfranchi, essa risale a un periodo che oscilla tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XII secolo. L’iconografia della statua è, infatti, tipica del periodo degli Ottoni. Il San Filadelfo ligneo presenta occhi grandi e severi, zigomi marcati, labbra dal contorno abbassato e barba a punta.
Quest’opera d’arte è un pezzo unico perché è tra le più antiche statue lignee bizantine trovate finora a testimonianza del monachesimo italo-greco (o basiliano) nel Cilento.
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